mercoledì 2 dicembre 2015

Danno non patrimoniale: giudice obbligato a motivare adeguatamente i criteri assunti a base del procedimento valutativo

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Danno non patrimoniale: giudice obbligato a motivare adeguatamente i criteri assunti a base del procedimento valutativo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21782 del 27 Ottobre 2015, Relatore Luigi Alessandro Scarano, in merito alla liquidazione del danno non patrimoniale di cui all'art. 2056 del Codice Civile, ha stabilito che il giudice, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, esso debba essere adeguatamente motivato.

La Suprema Corte, rifacendosi al proprio orientamento giurisprudenziale di cui alla Sentenza n. 1361 del 23 Gennaio 2014, Relatore Scarano, ha chiarito, riallacciandosi all'orientamento giurisprudenziale di cui alla Sentenza n. 12408 del 7 Giugno 2008, Relatore  Amatucci, che l'operato del giudice deve essere mosso dalla sola applicazione del  principio di equità.

Una quantificazione del danno non patrimoniale si definisce se equa quando è a) adeguata e b) proporzionata in relazione alle circostanze concrete del caso specifico, venendo così esclusa qualsiasi forma di liquidazione di carattere simbolico o irrisoria o non correlata all'effettività del danno da ristorare. Mentre si definisce congrua quando risponda al (a) principio di effettività del ristoro e (b) al principio di perequazione, nel senso di rispettare la diversità dei singoli casi concreti.

La Cassazione ha escluso la possibilità di liquidazione di danno non patrimoniale effettuata in base a criteri meramente "puri", cioè prefissati, automatici, ma ha ribadito che l'orientamento del giudice, nella liquidazione del danno non patrimoniale, vada effettuata alla luce di criteri capaci di garantire l'uguaglianza sostanziale dell'avente diritto: qualunque sia il criterio prescelto dal giudice nella liquidazione del danno non patrimoniale, esso deve essere in grado di garantire l'applicazione del principio di equità dal punto di vista sostanziale.

In sostanza, il giudice di prime cure e quello di seconda istanza, fermo restando l'autonomia decisionale previsto dalle leggi vigenti, sono chiamati a dare conto nelle motivazioni del processo logico in base al quale la decisione è stata assunta indicandone i criteri valutativi che hanno ispirato la pronunzia di merito.

Tale scrutinio mira alla verifica del controllo di logicità, coerenza e congruità cui ciascuna motivazione decisionale deve rispondere. Tale controllo è richiesto al fine di evitare la cassazione della pronuncia di merito in sede di legittimità. Ciò in particolare modo nel caso in cui si tratti del cd. danno morale inteso quale patema d'animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico (danno morale soggettivo) cui le Sentenze n. 26972/3/4/5 del  11 Novembre 2008, cd. Sentenze di San Martino, ne hanno radicalmente mutato la precedente accezione. Infatti, a seguito delle richiamate pronunce del 2008, il concetto di danno morale ha assunto diversi ed ulteriori significati. Attualmente, nel concetto di danno morale sono ricomprese le lesione della dignità o integrità morale, anche laddove la sofferenze interiore non degeneri in danno biologico o in danno esistenziale.

In conclusione, ai fini di una corretta adozione del provvedimento di liquidazione del danno non patrimoniale, è necessario che il giudice provveda a motivare adeguatamente i criteri posti alla base del provvedimento adottato.



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