sabato 19 dicembre 2015

Colpa medica ed informazione: onere della prova a carico del sanitario

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Colpa medica ed informazione: onere della prova a carico del sanitario

La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 24220 del 27 Novembre 2015, Relatore Giuseppina Luciana Barreca, ha accolto il ricorso di una coppia di coniugi mantovani che chiedeva la condanna al risarcimento dei danni del ginecologo cui la coppia si era rivolta per effettuare tutti gli accertamenti clinici necessari al fine di scongiurare la nascita di un feto malformato.

La coppia mantovana impugnava la sentenza di Corte di Appello di Brescia che ne rigettava l'appello poichè riteneva che il ginecologo al quale si erano rivolti, seppur edotto circa la volontà di interrompere la  gravidanza in caso di malformazioni al feto, aveva omesso di informare la paziente circa la possibilità di effettuare ulteriori accertamenti previsti dalla scienza medica. In sostanza, i coniugi mantovani ritenevano che il medico aveva ritenuto bastevole, ai fini della esclusioni delle eventuali patologie malforanti per il feto, il solo esperimento del bi-test.

La Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze della paziente ed ha condannato il medico per violazione dell'obbligo di informazione.

Il ragionamento della Corte di Cassazione, muovendo dall'analisi dell'artt. 1218 e 2236 del Codice Civile, si è soffermata sugli obblighi e le responsabilità derivanti per il debitore, segnatamente del prestatore d'opera, nell'ambito dei rapporti contrattuali.

L'art. 1218 c.c. , il quale si inquadra all'interno delle norme previste in materia di inadempimento di obbligazioni contratte tra i privati nell'ambito dei rapporti giuridici negoziali inter partes, dispone che il debitore (nel nostro caso, il ginecologo) che non esegua esattamente la prestazione dovuta, da eseguire nel rispetto dei canoni civilistici di cui all'art. 1176 - diligenza del buon padre di famiglia e fermo restando che nell'adempimento di obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale tale diligenza va valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata- è tenuto al risarcimento del danno nei confronti della parte cui è venuto meno salvo i casi di esclusione dell'attribuzione della responsabilità civile. Responsabilità civile che, ai sensi dell'art. 1256 c.c., viene esclusa quando ricorre il caso di impossibilità sopravvenuta sia avvenuto per causa non imputabile al creditore. Impossibilità sopravvenuta che può essere: temporanea, definitiva e parziale.

Completa il quadro normativo di riferimento della Suprema Corte la disposizione di cui all'art. 2236 c.c. la quale, per quanto concerne le prestazioni che implicano soluzioni di problemi tecnici di speciale difficoltà, prevede l'attribuzione di responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave, mentre viene esclusa l'attribuzione di responsabilità nei casi di colpa lieve (cd. interventi seriali).

Orbene, la Corte di Cassazione, alla luce del summenzionato quadro normativo di riferimento, ha ritenuto che il convenuto in parola (il ginecologo), nell'ambito del rapporto contrattuale che si era instaurato con la paziente, aveva l'obbligo di informare quest'ultima circa la possibilità di ulteriori esami diagnostici effettuabili al fine di conoscere preventivamente l'eventuale presenza di patologie fetali. Cosi facendo, avrebbe dato modo alla ricorrente (paziente) di esercitare in autodeterminazione il suo diritto all'interruzione della gravidanza entro il primo trimestre.

L'omesso adempimento di tale obbligo, cui il medico era dovuto in virtù del rapporto contrattuale esistente, configura la responsabilità medica del sanitario in parola con conseguente diritto della ricorrente al risarcimento dei danni subiti. Il convenuto (medico) avrebbe dovuto usare la diligenza del buon padre di famiglia, rinforzata dal fatto che si trattava di prestatore d'opera intellettuale volto alla soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, al fine, non solo, di consentire una gravidanza serena ma anche di prevenire la nascita di un figlio affetto da patologie. Il medico era obbligato ad informare la paziente in merito all'esistenza di diverse ed ulteriori attività di indagine volte a far emergere l'eventuale presenza di malformazioni fetali dimodochè (la paziente) avrebbe potuto liberamente autodeterminarsi all'interruzione della gravidanza. Inoltre, tale onere, in considerazione del rapporto contrattuale esistente tra le parti, gravava unicamente ed esclusivamente, in capo al sanitario soccombente nel giudizio di legittimità (medico), non potendo chiedere alla paziente null'altro che l'allegazione della domanda giudiziale.

Pertanto, alla luce delle considerazione svolte sopra, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza delle Corte di Appello di Brescia ed ha ritenuto che, in materia di colpa medica, l'onere della prova, ai sensi degli artt. 18, 30 e 32 del Codice Deontologico Medico, è a carico del sanitario procedente.

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